lunedì 29 novembre 2010

Debito Pubblico Italiano: come andrà a finire?


Ecco il contatore, gentilmente fornito dall'istituto Bruno Leoni, che conta, in tempo reale, l'incremento del debito pubblico italiano. In realtà è una stima spalmata linearmente sul tempo che scorre inesorabile basata sui rendiconti che mensilmente vengono pubblicati sull'argomento. Per maggiori dettagli basta cliccare sull'immagine.
Da decenni il DPI è un problema: dopo le spese allegre da fine anni  '70 ai primissimi '90, il problema si è incancrenito e non si è riuscito a risolverlo. Decenni di privatizzazioni, fatte più o meno bene, sono state vendute all'italica opinione pubblica come necessarie operazioni di rientro del debito pubblico. Il passaggio da un'economia "mista"  dove settore pubblico e settore privato convivevano ad una economia di mercato non è, di fatto, mai stata valutata dal popolo, perché non è mai stata proposta in termini chiari. Si è solo sottolineata la necessità di fare le privatizzazioni come passaggio obbligato verso un rientro imposto dai trattati internazionali.
In realtà, nessuno, in Italia, ha mai creduto ideologicamente al fatto che le privatizzazioni fossero necessarie per ottenere più mercato, più concorrenza e quindi migliori servizi e migliori prezzi per l'utenza, ah scusate..., per la clientela finale. Tutta la classe politica ha sempre visto nelle privatizzazioni una perdita di potere e ha sempre resistito più che poteva: golden share (ENEL, ENI, etc.), fondazioni bancarie, pseudo-privatizzazioni (FFSS, Finmeccanica, etc.) sono  la longa manus della politica sull'economia e sull'intreccio di affari, spesso malaffare, che pervade ancora l'economia italiana.
Tutto questo è risultato in una mega presa in giro dell'italico investitore che sì è buttato a capofitto in quanto il governo di volta in volta proponeva con esiti, a volte, nefasti (ah, ma qui la colpa è dei mercati, dell'11 settembre, della crisi internazionale, del complotto, etc. etc.).
Certo è che
  1. il debito pubblico non è diminuito, e non è un problema né risolto, né in via di soluzione;
  2. la concorrenza è forse aumentata, non in tutti i settori, ma comunque senza portare i benefici auspicati, sia in termini di migliori servizi sia in termini di minori prezzi, anzi spesso il servizio è peggiorato ed i prezzi aumentati (vedi per esempio il caso delle FFSS, dove, a parte l'alta velocità che è un servizio pagato con ulteriori iniezioni di capitale pubblico e non con il miglioramento dell'efficienza delle FFSS, non ci sono investimenti atti a migliorare il servizio ed i costi per i clienti sono in continuo aumento).
Sarà quindi l'Italia ad andare prossimamente in default? Non si sa: di certo si sa che le politiche fatte fin'ora non hanno fatto niente per evitarlo e quindi, nel caso, dei colpevoli ci saranno (i governi degli ultimi 15 anni almeno).
Il contatore è lì speriamo si fermi e poi retroceda perché ci sono più entrate che uscite, se si fermasse perché nessuno vuole più concederci credito vorrebbe dire che il default è arrivato e si fermerebbe per sempre.

giovedì 7 ottobre 2010

Ubuntu - Prossima Relase: 10.10

Sono passati sei mesi e fra qualche giorno uscità la 10.10. Quando? Il 10/10/10 ovviamente......
La crisi economica è ancora  lì, qualcuno dà dei numeri cercando spasmodicamente una interpretazione positiva, qualcun altro cerca di capire come uscirne. Nel completo vuoto scientifico attendiamo quale sarà il nobel per l'economia quest'anno. Vediamo chi sarà scelto dall'accademia per rappresentare la scienza economica. E così capiremo se allungare il countdown fino alla fine della crisi (puntato sul 15 settembre 2012), o lasciarlo lì dov'è.

The next version of Ubuntu is coming soon

sabato 25 settembre 2010

Cygnus Atratus - Post Scriptum

Dopo aver letto il libro ecco il mio commento pubblicato su anobii.com:
5 stelle vanno bene se si considera il libro come il post scriptum del "Cigno Nero". Commentare altrimenti il libro non ha senso. La scelta editoriale è condivisibile per quelli, come me, che l'hanno già letto e sanno di che cosa si tratta, permettendo l'acquisto separatamente. I rimandi sono continui, sia nel testo che nelle note, al libro "principale". In alcuni paesi, Stati Uniti per primo, la scelta editoriale è stata di mandare in ristampa il Cigno Nero aggiungendo questi approfondimenti alla fine, per cui chi li voleva leggere si è dovuto ricomprare anche il libro originale.
Gli approfondimenti sono abbastanza tecnici, ma non difficilissimi. Taleb, inoltre, si toglie qualche sassolino dalle scarpe (e come criticarlo, vista la supponenza con cui l'accademia economica l'ha trattato e continua a trattarlo), anche un po' arrogantemente ma sempre in maniera divertita e divertente.
Nella sostanza non aggiunge nulla al Cigno Nero, ma a me è piaciuto lo stesso. Da evitare se non si è già letto l'altro, diventa incomprensibile.

domenica 5 settembre 2010

Il Cigno Nero - Tre anni dopo

E' appena uscito Robustezza e fragilità il nuovo libro di NNT, seguito del Cigno Nero di tre anni fa. L'ho ordinato in una libreria on line e sono in attesa di leggerlo.  E' un approfondimento filosofico di alcune tematiche del Cigno Nero, laddove, a distanza di tre anni, l'autore si è reso conto che fossero necessarie. NNT lamenta infatti di essere stato preso in considerazione da tutti tranne che dagli economisti, categoria alla quale, invece, il libro sarebbe stato più utile, forse.
 

lunedì 16 agosto 2010

Il cigno bianco, il cigno nero

Ho appena finito di leggere l'ultimo libro di Roubini. E' complessivamente chiaro e lineare, comprensibile ai più, con qualche divagazione tecnica che potrebbe anche stancare, ma che non è indispensabile per la comprensione dell'insieme.
Per oltre 200 pagine analizza nei minimi particolari le premesse e le connessioni logiche che hanno permesso e causato gli eventi degli ultimi 3 anni, per poi procedere con le proposte di politica economica atte ad evitare che ciò che è successo si ripeta e poi chiudere con la prevedibile evoluzione prossima ventura.
A parte qualche svista (la Turchia è nella NATO da oltre 50 anni e non è candidata a diventarne parte, come sostenuto a p. 340) il nostro prende anche qualche clamoroso granchio.
Sostiene che le crisi sono "cigni bianchi", ovvero eventi prevedibili, in contrapposizione alla teoria di Nassim Nicholas Taleb formulata nell'ormai celeberrimo Cigno Nero, pubblicato nel lontano 2007 (come sembrano lontani i tempi pre - Lehman Bros). In realtà egli dimostra di non aver letto Taleb. In effetti Roubini stesso è stato vittima di quello che Taleb chiama cecità ai cigni neri, quando, inascoltato, nel 2006, disse a chiare lettere, dal podio del Fondo Monetario Internazionale che la crisi era imminente, guadagnandosi l'appellativo di doctor Doom (dottor sfiga, per essere chiari), ma non riuscendo ad influire minimamente sulle politiche che, forse, era ancora possibile mettere in atto per limitare gli effetti dell'immininente crisi. Non basta che uno o due o pochi economisti abbiano visto bene per evitare la crisi: occorre farsi ascoltare e mettere in atto dei rimedi. Ciò che soggettivamente è un Cigno Bianco, può essere oggettivamente un Cigno Nero. Del resto Taleb lo spiega benissimo qui, che da ben 12 anni lo stava dicendo che ci si stava prendendo rischi eccessivi: "To me a banking crisis --worse than what we have ever seen -- was unavoidable and NOT A BLACK SWAN, just as a drunk and incompetent pilot would eventually crash the plane. And I kept receiving insults for 12 years!"  [Per me una crisi bancaria - la peggiore mai vista - era inevitabile e NON UN CIGNO NERO, così come un pilota incompetente ed ubriaco alla fine avrebbe schiantato l'aereo. Ed ho continuato a ricevere insulti per 12 anni!"] Evidentemente Roubini ignora queste posizioni di Taleb.
Comunque è un libro che merita di essere letto, assieme a molti altri che hanno parlato di crisi, ma Roubini non riesce a scrivere una teoria delle crisi, come preteso in introduzione, p. 15:
"La modesta ambizione di questo libro è rispondere a tali domande[riassumibili in come evitare crisi future] ponendo la crisi recente nel contesto di altre verificatesi in epoche passate in ogni parte del mondo. Dopo tutto l'esperienza degli ultimi anni corrisponde ad uno schema noto e antico di secoli. Le crisi seguono traiettorie sistematiche, producendo risultati prevedibili; sono molto più frequenti e comprensibili di quanto l'opinione dominante non indurrebbe a credere. Nelle pagine che seguono ci muoveremo tra passato e presente per rivelare come le precedenti domande siano state già fatte e abbiano ricevuto risposta in seguito alle crisi precedenti.
Lungo il cammino spiegheremo alcuni concetti economici che generano timore e spesso vengono fraintesi:
rischio morale, leva finanziaria, corsa agli sportelli, arbitraggio prudenziale, disavanzo di conto corrente, cartolarizzazione, deflazione, derivati di credito e trappola della liquidità, per citarne alcuni."
E' un libro importante per capire l'economia contemporanea ma per scrivere una teoria soddisfacente delle crisi ce ne vuole ancora.

mercoledì 14 luglio 2010

La palla è rotonda 3 - meglio i polpi degli economisti?

C.V.D.: l'ottima Germania vista contro l'Argentina si è spenta contro la Spagna e ha giocato la finalina, anziché la finale auspicata,  in  una bellissima partita (forse la migliore dei mondiali) contro l'Uruguay. Il mondiale alla fine è andato alla Spagna, tra, come al solito, mille commenti su come hanno giocato i vari campioni in campo, come avrebbero dovuto giocare e come sarebbero andate le cose se l'arbitro avesse concesso questo e quello e espulso taluno o talaltro. Insomma tutte cose da riempire giornali, televisioni e menti semplici: la solita telenovela per maschietti (e femminuccie che vogliono emulare i maschietti) su previsioni attese, disattese, e così via.
Resta la domanda: ha vinto il migliore? Secondo i giornali tedeschi ed olandesi no. Del resto chi perde trova sempre mille giustificazioni.
La domanda non troverà mai una risposta se non ci si mette d'accordo sulla definizione di migliore. Chi è il migliore? Quali sono gli attributi che fanno diventare una squadra la migliore? La risposta non c'è. Se ci fosse non ci sarebbero le competizioni ma ci sarebbero solo polpi (o giornalisti, o altri commentatori) che deciderebbero a priori chi è il migliore. Che triste sarebbe la vita. Sapere tutto in anticipo, non avere imprevisti...
In realtà invece la risposta c'è. Ed è proprio la competizione: migliore è chi vince. Il detto vinca il migliore rappresenta il lato b di questa medaglia: ci si aspetta che il migliore vinca ma non si ha un criterio a priori per cui chi vince è il migliore.  Le competizioni servono proprio a questo: a definire  il migliore. Non  a premiare il supposto migliore sulla base di teorie del tutto personali e poco verificabili. In una cosa complessa e non deterministica come una partita di calcio (vedi titolo del post) l'unico verdetto può venire dal confronto. L'unico a decidere chi è il migliore è il campo. Tutto il resto è noia....
ps
resta il fatto che il polpo ha indovinato tutto: che si chiami Roubini?

domenica 4 luglio 2010

Il cigno nero dei mondiali in TV

Guardando Ghana-Uruguay, scocciatomi della telecronaca fastidiosa della RAI, ho fatto zapping sul satellite finché ho trovato la ZDF (Zweites Deutsches Fernsehen, il secondo canale tedesco) e lì mi sono fermato a vedere tutta la partita. Gratis, con la partita, viene anche la pubblicità e mi sono reso conto che 9 spot su 10 richiamavano direttamente o indirettamente il calcio. Anche se ad essere pubblicizzato non era un marchio sportivo o un paio di scarpe da ginnastica, il taglio degli spot era marcatamente collegato al tema "calcio". Poi, non contento di Ghana-Uruguay ho guardato anche Germania-Argentina e Spagna-Paraguay e, ovviamente, la stessa cosa si è ripetuta. Ho fatto anche un po' di zapping sul primo canale italiano, RaiUno, e così non era, a causa della prematura uscita della nostra nazionale. Ma sono sicuro che gli spot "calciofili" erano già pronti. Gli uffici comunicazione delle imprese che volevano comunicare durante le partite li hanno sicuramente commissionati, ma forse non era, dopo la triste uscita dell'Italia, opportuno mandarli in onda. Non solo, li avessero mandati in onda, avrebbero avuto n-1 contatti. Il bello di avere il satellite, è di poter cambiare canale. Certo avrei potuto anche azzittire gli antipatici commentatori della partita su RaiUno, ma  un commento in sottofondo va sempre bene. Magari in tedesco, magari incomprensibile (ho capito solo i nomi, ma in una telecronaca i nomi sono le cose che contano, tutto il resto, soprattutto se detto da cronisti esagitati dà solo fastidio). Il cigno nero, per gli inserzionisti, dei mondiali TV si chiama Italia a casa e satellite. Per quanto mi riguarda i soldi spesi in comunicazione sulla Rai dalle imprese inserzioniste sono soldi buttati. E comunque gli spot tedeschi sono, nella maggioranza dei casi, più belli di quelli italiani. Forse oltre alla nazionale di calcio che i tedeschi abbiano anche delle migliori agenzie di comunicazione?
Non lo so. So solo che con ogni probabilità (cigni neri a parte) la Germania andrà in finale e che me la guarderò sulla ZDF.

La palla è rotonda 2 - la vendetta

Dopo l'Italia (ma anche prima) più blasonate squadre hanno dovuto lasciare il mondiale. Se ne sono andate tutte le sudamericane, Brasile, Argentina, Paraguay, tranne la nazionale uruguagia che però ha avuto molta, moltissima fortuna. Comunque, su 4 squadre rimaste, 3 sono europee. Si dirà che il calcio europeo è superiore a quello sudamericano. Affermazioni di questo tipo sono molto facili col senno di poi. Nessuno l'avrebbe detto prima. E del resto una competizione serve proprio per questo, misurare le forze in campo (e la fortuna, o le incapacità degli arbitri cose che molte volte corrispondono). Ad ogni buon conto, da Ghana - Uruguay si possono imparare alcune cose che possono sembrare scontate ma non sempre lo sono: dal punto di vista di chi lo subisce un rigore è meglio di un gol. In qualsiasi condizione, ma soprattutto al 122° minuto, quando il gol avrebbe potuto significare perdere tutto e un rigore affidarsi alle scarse probabilità che non venga trasformato in gol. Ebbene: una probabilità seppur scarsa di salvarsi è meglio della certezza di perdere tutto. E così un attaccante si improvvisa estremo difensore, blocca una palla sulla linea di porta con un braccio,  commette uno dei falli più plateali che si possa fare nel calcio, e si becca contemporanemeante espulsione e rigore contro. Ma non il gol.  Manca poco, si dirà. Tanto è probabile che un rigore diventi gol che uno dei verbi usati in italiano è trasformare, cambiare forma a un qualcosa che nell'essenza rimane lo stesso. Un rigore ed un gol sono la stessa cosa.
Quasi.
Ma la trasformazione non avviene. Avviene invece il miracolo, per i tifosi uruguagi in religioso silenzio. Il legno (sono ancora di legno le porte?), poi santo, della traversa, impedisce al pallone di entrare in rete (oppure il calciatore sbaglia la mira, dipende dal punto di vista). Il rigore non è gol. Come volevasi dimostrare.
Al 122° minuto, l'attaccante non ha pensato a troppe cose, ha parato con un braccio e si è beccato il rigore e l'espulsione. Non è possibile sapere se ha pensato che erano finiti i tempi supplementari, se ha ragionato sul fatto che un rigore è meglio di un gol. Probabilmente non ha pensato a nulla ha solo istintivamente e disperatamente allungato il braccio senza pensare ma ha salvato la sua squadra.
Contro tutte le probabilità.

domenica 27 giugno 2010

La palla è rotonda

Di solito si dice così per sottolineare che nel calcio tutto può succedere. Nessuno però pensava che l'italica squadra di calcio se ne tornasse così presto dal Sudafrica con le pive nel sacco. Eppure la palla è rotonda, lo sanno tutti. Ma non ci si vuole credere, l'Italia del calcio ha ben altre tradizioni che non quella di tornare così presto a casa. E' un cigno nero? Sì e no. Sì, per tutti quelli che proprio non vedevano o non volevano vedere che la squadra faceva schifo, per mancanza di tecnica, di uomini, di fortuna, di preparazione, insomma di tutto. No per chi queste cose le vedeva. Il cigno diventa nero quando la stragrande maggioranza è cieca all'evidenza dei fatti o non vuole ammettere che qualcosa può andare male con una probabilità che è molto più alta di quella sottostimata. Ancora una volta la storia (l'induzione) e la sopravvalutazione delle proprie capacità (vale anche per i tifosi in una sorta di transfert collettivo) porta all'arroganza epistemica. Si pretende di sapere. E la prova dei fatti invece  dimostra il contrario. Successivamente, con il senno di poi, tutto acquista un senso, per cui l'allenatore si assume tutte le colpe che fino a 90 minuti primi non erano colpe ma scelte avvedute. Dopo, comunque, tutto assume un senso. Solo dopo, purtroppo. E così Roubini, il mago dell'economia che tutto aveva previsto fin dal 2006 si spinge a dire che non ci sono cigni neri, senza aver capito che non basta che uno abbia previsto il disastro per evitarlo. Bisogna che molti lo prevedano ma che soprattutto ne tengano conto nelle decisioni che contano. Se lui, bravo economista, si è acquistato una credibilità è perché prima che la crisi deflagrasse l'aveva detto. Ma nessuno l'ascoltava per cui le sue previsioni erano parole al vento. Così come tra i 60 milioni c.a di commissari tecnici italiani qualcuno aveva qualcosa da ridire sulla nazionale. Sì, va beh, ma non basta.

giovedì 22 aprile 2010

Dell'arroganza epistemica

Dell'arroganza epistemica Taleb ne parla nella seconda parte, definendola come la "tracotanza riguardo ai limiti della nostra conoscenza". E sostiene che più sappiamo più la nostra arroganza ci impedisce di vedere gli eventi rari. Per vari motivi. Il primo è il senso di falsa sicurezza che dà la maggiore informazione: la sicurezza è più che proporzionale alla reale utilità dell'informazione per cui siamo spinti ad essere più audaci senza reale consapevolezza delle scelte che facciamo. Inoltre più dati si hanno e più si formulano ipotesi lungo il percorso di assimilazione dei dati. In realtà più dati non significa più informazione, ma, spesso, più rumore casuale. Inoltre siamo influenzati dal sensazionale per cui siamo portati a dare più peso alle cose eclatanti, magari uniche, rispetto a cose meno eclatanti ma che succedono con una certa regolarità. Infine siamo propensi a considerare un evento che si verifica mediamente ogni 10 anni come un evento unico, mentre, in realtà, aspettando un po', si ripeterà.
L'arroganza epistemica è scandagliata in lungo ed in largo in questa parte del libro, che, tra l'altro, è ricca di molti succosi aneddoti. Riporto alcune considerazioni in margine ad un aneddoto sperando che facciano venire voglia di leggere il libro:
"Quando si è un dipendente, ossia si dipende dal giudizio altrui, sembrare indaffarati può aiutare a rivendicare la responsabilità dei risultati ottenuti in un ambiente casuale. Tale apparenza rafforza la percezione della casualità, del legame tra i risultati e il ruolo della persona che li ha ottenuti. Ciò, naturalmente, vale anche di più per gli amministratori delegati delle grandi aziende che hanno bisogno di strombazzare un legame tra la loro «presenza» e «leadership» e i risultati aziendali. Non conosco alcuno studio che dimostri l'utilità del tempo che queste persone investono in conversazioni o nell'assimilazione di informazioni banali, e d'altronde non molti autori hanno avuto il fegato di mettere in dubbio l'importanza del ruolo dell'amministratore delegato nel successo di un'azienda."
Pensando alle polemiche di questi ultimi mesi sugli stipendi dei top manager c'è di che riflettere.

mercoledì 21 aprile 2010

Un cigno nero impronunciabile

Il vulcano Eyjafjöll ha messo a piedi mezzo mondo, nell'ultima settimana. Nessuno l'aveva previsto. Gli eventi geologici sono difficilmente prevedibili. Anzi no. Sono facilmente prevedibili. Un vulcano prima o poi erutterà. Una zona sismica prima o poi sarà interessata da un terremoto. La previsione è facile. Quello che è difficile è prevedere quando questo avverrà. In realtà anche il quando non è così difficile da prevedere. Anzi, per i geologi, è abbastanza facile. Come mai allora tanto disagio? L'imprevedibilità, per noi umani, nasce dalla differenza tra la scala temporale geologica in rapporto alla scala temporale umana. Noi siamo abitutati a ragionare in termini di anni, mesi, giorni, ore, minuti. Gaia non ha questi tempi. E' una signora di mezz'età che ha circa 4,6 miliardi di anni e che forse camperà altri 4-5 miliardi. Non è difficile prevedere su questa scala se un vulcano erutterà o se ci sarà un terremoto. E' impossibile prevederne l'ora, almeno con i mezzi che abbiamo ora. Sarà sempre così? Non si sa. L'unica cosa certa è che gli eventi geologici possono essere disastrosi  o possono avere conseguenze molto ampie, come nel caso dell'impronunciabile vulcano islandese (più per la pigrizia dei giornalisti che per conclamata impronunciabilità del nome del vulcano, in Islanda qualcuno lo chiamerà con il proprio nome visto che ne hanno tanti di vulcani, o si scambiano un post-it con il nome scritto?). Sta di fatto che milioni di persone sono rimaste a piedi e le compagnie aeree ci hanno rimesso centinaia di milioni di euro.
Ancora una volta la natura ci dimostra quanto piccoli siamo e quanto poco conosciamo.
Arroganza epistemica  sei avvertita.

giovedì 15 aprile 2010

Ubuntu - Prossima Relase



Sarà questo il cigno nero di Microsoft? Non lo so, ma potrebbe essere. Linux nel tempo si è conquistato uno spazio minimale nei sistemi operativi dei desktop e dei portatili, ma la sua usabilità è ormai ai livelli di Windows (nonostante Windows abbia ancora tanta strada da fare per arrivare alla stabilità, versatilità, sicurezza di Linux). Windows, inoltre, per diventare più sicuro è diventato sempre più complicato. Linux, come tutti i sistemi Unix-like, è sempre stato abbastanza complicato da gestire ma, non ha saputo dare negli anni, la sicurezza di continuità che pretende chiunque investa tante ore nell'imparare il funzionamento di un computer (e quindi di un sistema operativo). Ma negli ultimi anni qualche cosa è cambiata. Le versioni più diffuse di Linux, sono diventate sempre migliori come interfaccia sempre più continue come aggiornamento.Ubuntu (la versione più diffusa) rilascia semestralmente una nuova versione del sistema operativo e continui aggiornamenti che, attraverso internet, mantengono up to date la macchina. E' come passare senza soluzione di continuità (anche se un backup dei dati è opportuno, non si sa mai) da windows 95 a windows 7 senza passare per il via, ovvero re-installare da zero il sistema operativo reinstallando tutti i programmi.
Ubuntu è Linux per tutti, e appena il mondo se ne accorgerà sarà difficile arrestarne la diffusione. Cigno nero? Non lo so. Sicuramente Pinguino. Bianco e nero allo stesso tempo.



Immagine per gentile concessione di Larry Ewing, Simon Budig and Anja Gerwinski.

mercoledì 7 aprile 2010

Gigi The Whale



In Shark Tales le cose strane sono molte. Dallo squalo Lenny, vegetariano, a Gigi The Whale, l'orca che, in un video extra, racconta un aneddoto su Gigi The Whale, un personaggio vero, che esiste, parla con persone e fa cose. Certo, in un cartone animato, normale o 3D, è facile rappresentare cose strane, cose che nella realtà sarebbero cigni neri. S'è mai visto uno squalo vegetariano? O meglio un'orca che parla? E' tutto coerente, per gli spettatori, dando per scontato che è tutto un'invenzione qualsiasi cosa può essere, nulla è scontato e non ci sono cigni neri. Invece no. I cigni neri dipendono dalle aspettative, semplicemente sono cose che non ci si aspetta, che non sono contemplate, che non sono indotte dalla realtà che si sta vivendo in quel momento. Se incontraste Gigi The Whale per strada, andando a fare la spesa, beh... la cosa sarebbe abbastanza sconvolgente, forse arriverebbero le tv locali, regionali, nazionali, internazionali. Insomma non s'è mai visto un'orca (o non s'era mai vista prima) spingere un carrello.
Forse un'orca non si vedrà mai, visto che non è nella natura della cose. Ma le cose dell'economia e della società non hanno una natura diversa da quella definita dall'uomo. Il mercato è un insieme di regole. La fiducia si costruisce nel tempo tra uomini. La borsa è una convenzione. La domanda e l'offerta hanno ragioni che riposano nell'animo dei produttori e dei consumatori. Non ci sono, per definizione, leggi sociali esterne all'umanità. Le imprese sono fatte di uomini e donne, con i loro bisogni, i loro umori, le loro ragioni e i sentimenti. In un contesto così determinato dall'interazione umana, i cigni neri sono nascosti da quello che vediamo e che pensiamo essere vero. Solo il dubbio che qualcosa non sia come l'abbiamo sempre vista, ci può far pensare al cigno nero, ma finché non lo vedremo davvero non sapremo mai come è fatto.
Del resto anche questo sembrava un cartone animato e invece........

mercoledì 17 marzo 2010

One Best Way

Mentre scrivevo del Worst Case, credo per una assonanza o un richiamo semantico, mi è sovvenuta alla mente l'espressione One Best Way. Questa espressione significa "il modo migliore" (di fare una cosa, sottinteso). Il modo migliore è anche l'unico ed è figlio del Taylorismo. One Best Way è la soluzione ottima degli ingegneri. Si smonta, misura, ricompone il processo produttivo nel miglior modo possibile efficientando tutti i passaggi. In questo modo si escludono le sorprese. O si pensa di averle escluse. E si prepara l'avvento del Cigno Nero, che in quanto tale è, appunto, inaspettato.

Worst Case

Worst case vuol dire caso peggiore. Per la prima volta ho sentito quest'espressione all'università, quando studiavo gli algoritmi che servono a trovare la soluzione di un problema di matematica discreta, come i problemi di ottimizzazione su grafi (problemi simili a quelli che ogni navigatore satellitare risolve decine di volte al minuto per trovare la strada giusta). Il caso peggiore si ha quando, tra tutte le possibilità esistenti, l'algoritmo, per trovare una particolare soluzione, sceglie il percorso di calcolo più lungo e laborioso. Il worst case determina se un algoritmo è buono oppure no. Oppure se un problema è trattabile o no (trattabile non vuol dire risolvibile, un problema può essere teoricamente risolvibile ma richiedere risorse di calcolo troppo elevate per essere trattabile).
Perché parlare di Worst Case? Perché il Worst Case degli algoritmi e dei problemi di matematica discreta è il Cigno Nero della realtà. E' la cosa che va male, nel modo peggiore (alla legge di Murphy per farla breve), ma soprattutto che non era stata prevista. Studiare gli algoritmi obbliga a ragionare non solo sul problema e sulle modalità di soluzione ma anche sulla quantità di operazioni che un problema richiede e questo diventa a sua volta un problema. Tant'è che c'è bisogno di una teoria la cosidetta teoria della complessità computazionale.
In realtà questa teoria ha assunto importanza con l'informatica e con la necessità di risolvere i problemi matematici con algoritmi. Ma noi volevamo risolvere un problema e ce ne siamo trovati due di cui uno di ordine più astratto che dice: quanto tempo e risorse mi serviranno per risolvere il problema? E tutto questo ancora prima di metterci a risolvere un problema.
Questa domanda non ha risposte semplici ma soprattutto è estensibile a tutti i problemi che sono risolvibili con un algoritmo, ovvero con una sequenza di operazioni.
In più abbiamo scoperto che per capire quanto un problema possa essere complicato dobbiamo almeno tentare di scovare il suo cigno nero. Ma scovandolo, il cigno nero ci cambia la prospettiva: e forse il problema non ci interessa più negli stessi termini di prima.
Mah... le cose sono sempre più complesse di quello che sembrano.

domenica 7 marzo 2010

Il gatto di Cartesio

Sul Domenicale del Sole 24 Ore di qualche settimana fa (31 gennaio, per essere precisi, a p.39 in basso per esserlo ancor di più), Remo Bodei, che dell'autore del Discorso sul Metodo un po' se ne intende, ammette un errore, un abbaglio preso qualche settimana prima. A parte il fatto che l'errore è sempre dietro l'angolo, per tutti, quello che mi è piaciuto di più è la giustificazione: "...la volontà è più estesa dell'intelligenza nel desiderio di concludere un ragionamento in base agli elementi che si hanno."

giovedì 11 febbraio 2010

Cygnus Atratus

Opinione comune, riguardo all'origine delle generalizzazioni scientifiche, è che queste sono fondate su un processo di induzione a partire da dati osservabili. Ci si dice che le popolazioni dell'emisfero settentrionale arrivano alla generalizzazione «tutti i cigni sono bianchi», per un processo di induzione - tutti i cigni che era capitato di vedere erano bianchi, prima che si scoprisse l'Australia e i cigni neri smentissero la generalizzazione, che non va più d'accordo con l'esperienza. La prima volta che vedete un cigno, in Inghilterra, osservate che ha un lungo collo e così via, e venite a sapere che il suo nome è cigno. In tutto questo non esiste induzione. Deducete che tutti i cigni sono come quello della primissima esperienza. Ora noi classifichiamo la specie con criteri anatomici e non per il colore. Dire che tutti i cigni hanno il collo lungo è una definizione circolare; infatti, se questa creatura non avesse un collo lungo non sarebbe stata classificata come cigno. Se, metti caso, fossero stati chiamati Uccelli Bianchi, sarebbe suonato male dire gli Uccelli Bianchi neri, e quelli d'Australia avrebbero avuto un nome diverso.

Joan Robinson, Ideologie e Scienza Economica, p.58, Nuova Biblioteca Sansoni, 1977.

Cominciare con una citazione di Joan Robinson, per parlare dell'ormai celebre Cigno Nero di Nassim Nicholas Taleb, potrà sembrare non ortodosso ma è nello spirito di questo blog. The Black Swan Reloaded è la rilettura del libro di Taleb che rifaccio alcuni mesi dopo averlo velocemente e voracemente letto in due giorni ed una notte. Al tempo, ottobre 2008, rimasi letteralmente fulminato dall'intensità, l'originalità e la pervasività delle idee di Taleb. Ero talmente colpito dalle sue idee, ed ero talmente d'accordo, che volavo sulle pagine, dando per scontate molte cose che mi sembrava di aver sempre saputo e conosciuto come lui le descriveva. Il libro era stato il più venduto da Amazon nel 2007 e, ciononostante, nel settembre 2008 la banca d'affari Lehman Brothers era inaspettatamente fallita dando il via alla rovinosa crisi finanziaria ed economica nella quale ancora annaspiamo (e annasperemo per qualche tempo a venire). Quale legame tra le due cose? Il fallimento di Lehman Brother è un Cigno Nero, così come definito da Taleb: un evento altamente improbabile (basta guardare alle valutazioni delle società di rating che non avevano minimamente considerato l'evento default per LB, e che hanno ufficialmente declassato a D la banca solamente a default dichiarato); un evento con un impatto enorme (disastroso o positivo, in questo caso sappiamo come è andata); un evento che a posteriori viene spiegato e ampiamente giustificato quasi a renderlo, appunto, a posteriori, prevedibile.
Perché rileggere il Cigno Nero? Il libro di Taleb, in realtà è una analisi sostanziale dei limiti epistemologici che affrontiamo tutti i giorni nell'analizzare la realtà e nel prendere decisioni economiche, finanziarie, politiche, etc. L'accusa principale che Taleb fa al sistema di idee correnti (si riferisce spesso alla finanza e all'economia, settori che conosce bene, ma anche, non troppo indirettamente, alla filosofia contemporanea) è la pretesa di poter dominare la realtà e di potersi permettere il lusso di trascurarne alcune parti, ritenute, a torto, ininfluenti.
Rileggendo Taleb si possono ritrovare altri autori importanti (la Robinson è una di questi) e vedere la storia del pensiero economico (e non solo) con una prospettiva diversa dalla solita che passa il convento dell'accademia ufficiale.
Le note di questo blog sono un mio personale percorso intorno alle idee espresse da Taleb ed un invito a leggere il libro (per saperne di più sul Cigno Nero clicca qui.)

Immagine gentilmente concessa con licenza CC  da Jean-Pol GRANDMONT