giovedì 22 aprile 2010

Dell'arroganza epistemica

Dell'arroganza epistemica Taleb ne parla nella seconda parte, definendola come la "tracotanza riguardo ai limiti della nostra conoscenza". E sostiene che più sappiamo più la nostra arroganza ci impedisce di vedere gli eventi rari. Per vari motivi. Il primo è il senso di falsa sicurezza che dà la maggiore informazione: la sicurezza è più che proporzionale alla reale utilità dell'informazione per cui siamo spinti ad essere più audaci senza reale consapevolezza delle scelte che facciamo. Inoltre più dati si hanno e più si formulano ipotesi lungo il percorso di assimilazione dei dati. In realtà più dati non significa più informazione, ma, spesso, più rumore casuale. Inoltre siamo influenzati dal sensazionale per cui siamo portati a dare più peso alle cose eclatanti, magari uniche, rispetto a cose meno eclatanti ma che succedono con una certa regolarità. Infine siamo propensi a considerare un evento che si verifica mediamente ogni 10 anni come un evento unico, mentre, in realtà, aspettando un po', si ripeterà.
L'arroganza epistemica è scandagliata in lungo ed in largo in questa parte del libro, che, tra l'altro, è ricca di molti succosi aneddoti. Riporto alcune considerazioni in margine ad un aneddoto sperando che facciano venire voglia di leggere il libro:
"Quando si è un dipendente, ossia si dipende dal giudizio altrui, sembrare indaffarati può aiutare a rivendicare la responsabilità dei risultati ottenuti in un ambiente casuale. Tale apparenza rafforza la percezione della casualità, del legame tra i risultati e il ruolo della persona che li ha ottenuti. Ciò, naturalmente, vale anche di più per gli amministratori delegati delle grandi aziende che hanno bisogno di strombazzare un legame tra la loro «presenza» e «leadership» e i risultati aziendali. Non conosco alcuno studio che dimostri l'utilità del tempo che queste persone investono in conversazioni o nell'assimilazione di informazioni banali, e d'altronde non molti autori hanno avuto il fegato di mettere in dubbio l'importanza del ruolo dell'amministratore delegato nel successo di un'azienda."
Pensando alle polemiche di questi ultimi mesi sugli stipendi dei top manager c'è di che riflettere.

mercoledì 21 aprile 2010

Un cigno nero impronunciabile

Il vulcano Eyjafjöll ha messo a piedi mezzo mondo, nell'ultima settimana. Nessuno l'aveva previsto. Gli eventi geologici sono difficilmente prevedibili. Anzi no. Sono facilmente prevedibili. Un vulcano prima o poi erutterà. Una zona sismica prima o poi sarà interessata da un terremoto. La previsione è facile. Quello che è difficile è prevedere quando questo avverrà. In realtà anche il quando non è così difficile da prevedere. Anzi, per i geologi, è abbastanza facile. Come mai allora tanto disagio? L'imprevedibilità, per noi umani, nasce dalla differenza tra la scala temporale geologica in rapporto alla scala temporale umana. Noi siamo abitutati a ragionare in termini di anni, mesi, giorni, ore, minuti. Gaia non ha questi tempi. E' una signora di mezz'età che ha circa 4,6 miliardi di anni e che forse camperà altri 4-5 miliardi. Non è difficile prevedere su questa scala se un vulcano erutterà o se ci sarà un terremoto. E' impossibile prevederne l'ora, almeno con i mezzi che abbiamo ora. Sarà sempre così? Non si sa. L'unica cosa certa è che gli eventi geologici possono essere disastrosi  o possono avere conseguenze molto ampie, come nel caso dell'impronunciabile vulcano islandese (più per la pigrizia dei giornalisti che per conclamata impronunciabilità del nome del vulcano, in Islanda qualcuno lo chiamerà con il proprio nome visto che ne hanno tanti di vulcani, o si scambiano un post-it con il nome scritto?). Sta di fatto che milioni di persone sono rimaste a piedi e le compagnie aeree ci hanno rimesso centinaia di milioni di euro.
Ancora una volta la natura ci dimostra quanto piccoli siamo e quanto poco conosciamo.
Arroganza epistemica  sei avvertita.

giovedì 15 aprile 2010

Ubuntu - Prossima Relase



Sarà questo il cigno nero di Microsoft? Non lo so, ma potrebbe essere. Linux nel tempo si è conquistato uno spazio minimale nei sistemi operativi dei desktop e dei portatili, ma la sua usabilità è ormai ai livelli di Windows (nonostante Windows abbia ancora tanta strada da fare per arrivare alla stabilità, versatilità, sicurezza di Linux). Windows, inoltre, per diventare più sicuro è diventato sempre più complicato. Linux, come tutti i sistemi Unix-like, è sempre stato abbastanza complicato da gestire ma, non ha saputo dare negli anni, la sicurezza di continuità che pretende chiunque investa tante ore nell'imparare il funzionamento di un computer (e quindi di un sistema operativo). Ma negli ultimi anni qualche cosa è cambiata. Le versioni più diffuse di Linux, sono diventate sempre migliori come interfaccia sempre più continue come aggiornamento.Ubuntu (la versione più diffusa) rilascia semestralmente una nuova versione del sistema operativo e continui aggiornamenti che, attraverso internet, mantengono up to date la macchina. E' come passare senza soluzione di continuità (anche se un backup dei dati è opportuno, non si sa mai) da windows 95 a windows 7 senza passare per il via, ovvero re-installare da zero il sistema operativo reinstallando tutti i programmi.
Ubuntu è Linux per tutti, e appena il mondo se ne accorgerà sarà difficile arrestarne la diffusione. Cigno nero? Non lo so. Sicuramente Pinguino. Bianco e nero allo stesso tempo.



Immagine per gentile concessione di Larry Ewing, Simon Budig and Anja Gerwinski.

mercoledì 7 aprile 2010

Gigi The Whale



In Shark Tales le cose strane sono molte. Dallo squalo Lenny, vegetariano, a Gigi The Whale, l'orca che, in un video extra, racconta un aneddoto su Gigi The Whale, un personaggio vero, che esiste, parla con persone e fa cose. Certo, in un cartone animato, normale o 3D, è facile rappresentare cose strane, cose che nella realtà sarebbero cigni neri. S'è mai visto uno squalo vegetariano? O meglio un'orca che parla? E' tutto coerente, per gli spettatori, dando per scontato che è tutto un'invenzione qualsiasi cosa può essere, nulla è scontato e non ci sono cigni neri. Invece no. I cigni neri dipendono dalle aspettative, semplicemente sono cose che non ci si aspetta, che non sono contemplate, che non sono indotte dalla realtà che si sta vivendo in quel momento. Se incontraste Gigi The Whale per strada, andando a fare la spesa, beh... la cosa sarebbe abbastanza sconvolgente, forse arriverebbero le tv locali, regionali, nazionali, internazionali. Insomma non s'è mai visto un'orca (o non s'era mai vista prima) spingere un carrello.
Forse un'orca non si vedrà mai, visto che non è nella natura della cose. Ma le cose dell'economia e della società non hanno una natura diversa da quella definita dall'uomo. Il mercato è un insieme di regole. La fiducia si costruisce nel tempo tra uomini. La borsa è una convenzione. La domanda e l'offerta hanno ragioni che riposano nell'animo dei produttori e dei consumatori. Non ci sono, per definizione, leggi sociali esterne all'umanità. Le imprese sono fatte di uomini e donne, con i loro bisogni, i loro umori, le loro ragioni e i sentimenti. In un contesto così determinato dall'interazione umana, i cigni neri sono nascosti da quello che vediamo e che pensiamo essere vero. Solo il dubbio che qualcosa non sia come l'abbiamo sempre vista, ci può far pensare al cigno nero, ma finché non lo vedremo davvero non sapremo mai come è fatto.
Del resto anche questo sembrava un cartone animato e invece........