domenica 11 dicembre 2011

Rispondere alla compessità



Phineas Gage, inconsapevolmente, ci suggerisce una risposta.
Semplificando (sì semplificando, parlare di complessità semplificando è un quasi ossimoro ma tant'è), semplificando, dicevo, si può dire che la crisi economica (ma anche politica) attuale deriva dal fatto che i modelli con i quali si governano le aziende e le economie sono troppo semplici, troppo idealizzati, troppo platonici direbbe NNT, rispetto alla complessità della realtà.
www.wired.it
In milioni di anni di evoluzione, gli esseri viventi hanno imparato a fronteggiare la complessità. Il nostro cervello è un esempio. E qui entra in campo Phineas Gage, come ben descrive Wired di questo mese (p.30).
Se volete leggere la storia del paziente più famoso tra i neuroscienziati seguite il link a Wikipedia in apertura di post, ma a me interessano di più le caratteristiche che permettono al cervello, un sistema complesso, di sopravvivere agli shock devastanti, ai cigni neri, che in un ambiente complesso sono inevitabili, seppur improbabili.

Una è la plasticità, ovvero la capacità che ha il cervello di creare, rimuovere e ricreare nuove connessioni (sinapsi) a seconda dell'uso che si fanno dei neuroni.
La seconda è l'elaborazione distribuita ovvero la capacità di distribuire carichi di lavoro cognitivi (udire, vedere, etc.) in aree diverse, molto simile concettualmente all'elaborazione distribuita di derivazione informatica.
La terza è la ridondanza dei collegamenti tra neuroni che è assimilabile al concetto ingegneristico di ridondanza ovvero la duplicazione di sottosistemi e funzioni al fine di rendere un sistema più solido.
A questo punto il discorso si potrebbe allungare di molto ma ma premono due cose:

  • rimandare il lettore a "Robustezza e fragilità"  per approfondire il concetto di ridondanza. Nel primo capitolo NNT discute ampiamente della ridondanza, dei vari tipi di ridondanza e di come la ridondanza protegga da crisi, traumi, Cigni Neri e sia solamente un costo apparente (Basilea3 vs. Basilea2 dice qualcosa a qualcuno?);
  •  invitare ad una riflessione generale sui nostri sistemi (società, imprese, strumenti di governo, famiglie, città, etc.) in relazione al contesto in cui sono inseriti: sono rigidi? gerarchici? con decisioni accentrate? con processi ottimizzati? Sì? quanto possono sopportare uno shock? sono robusti o fragili?
A proposito di shock, ritornando a Wired: un bambino sottoposto  ad emisferectomia (rimozione di  una metà del cervello, nelle epilessie gravi può essere necessario) ritorna a fare una vita normale.  Se vi sembra poco...

domenica 20 novembre 2011

Illuminazioni filosofiche

Do conto su aNobii dell'ultimo libro di NNT: Il letto di Procuste.
Difficile recensire un libro di aforismi, se non descrivendo il gusto che lascia dopo che si è finito. Certo i temi sono quelli su cui Taleb insiste da anni e che si trovano soprattutto nel Cigno Nero, ma qui vi si trova un distillato ironico, a volte sarcastico, ma sempre limpido ed illuminante. Come una buona grappa trasparente, profumata, che punge la lingua ma, una volta deglutita, lascia un profumo intenso, fruttato, e ti fa digerire anche i piatti più pesanti.
Un assaggio:
"E' molto più difficile scrivere una recensione per un libro che si è letto che per un libro che non si è letto".
"Una buona massima ti permette di avere l'ultima parola senza nemmeno cominciare una conversazione"
L'ultimo assaggio, quello che preferisco, con cui si chiude il libro: "Se i miei detrattori mi conoscessero meglio, mi odierebbero ancora di più".
Ora basta: lettori di questa recensione andate in libreria e comprate il libro, altrimenti siete solo degli scrocconi.

giovedì 11 agosto 2011

La necessità dell'improbabile

Archiviare, classificare, gettare, fare ordine: sono  attività che spesso faccio in agosto, durante le ferie. La mia scrivania, come il resto dell'universo, accumula disordine in modo naturale nel corso del tempo (è la legge dell'entropia) e ordinare, considerandola un'attività a basso valore aggiunto, mi viene naturale farlo quando ho più tempo libero, quando sono in ferie.
Tant'è, che circa 7-8 centimetri sotto la prima pila di carte che ho deciso di attaccare, ho trovato il n. 137 di "nòva" , inserto de Il Sole - 24 Ore, il cui titolo di copertina è uguale a quello di questo post.
Il ritrovamento mi dà la possibilità di tornare alle origini di questo blog, e alla stretta attualità economico-finanziaria. In questi giorni sono girate parole grosse come default, declassamento, crisi epocale, etc. riferite non solo all'Italia, alla Grecia e ai soliti PIIGS che dir si voglia, ma addirittura agli Stati Uniti e poi alla Francia con conseguente crollo verticale delle borse e marasma politico più completo. Abbiamo sentito ministri e governanti cercare di rassicurare, inutilmente, i mercati con promesse, parole, vertici, tavole, summit, etc.  
Qual era il contenuto di "nòva"? Quale interesse mi ha spinto a tenere il numero di giovedì 28 agosto 2008?
Storia di copertina e tre pagine intere dedicate all'imprevedibile, al cigno nero, con tanto di recensione del libro di Taleb da parte di Guido Romeo.
La storia vera ci dirà che il 15 settembre, due settimane e mezzo dopo, oltre a portarci via Richard Wright (perdita ben più grave ed irrimediabile) ci porterà via, a ragione, la banca americana Lehman Brothers, dando il la alla crisi finanziaria poi diventata economica che ancora non abbiamo superato e che era in preparazione già da qualche tempo, come Taleb rilevava nel libro recensito.
Questa la storia.
Credo che conserverò quel numero di  "nòva" che mi era piaciuto così tanto, così come mi era piaciuta la foto di copertina, uno scimpanzè che guardava in camera con aria pensierosa. La citazione a corredo, del sempre verde Charles Darwin, recitava
Non è la più forte delle specie che sopravvive. E neppure la più intelligente.
Sopravvive la specie che si adatta meglio al cambiamento.
Forti ed intelligenti siete avvertiti.

domenica 24 luglio 2011

Taleb consulente del Fondo Monetario Internazionale

La notizia è di qualche giorno fa e la trovate qui. Che il Fondo Monetario Internazionale abbia sentito l'esigenza di approfondire le tematiche legate al rischio finanziario globale chiedendo aiuto ad un ex trader, con idee eterodosse rispetto al mainstream della teoria economica e finanziaria attuale significa che qualcosa sta cambiando nel mondo della finanza globale. Si è aperta, nella teoria economica, una crepa, almeno metodologica: il Titanic neoclassico si è scontrato con l'iceberg della crisi e le scialuppe non bastano per tutti.  L'ortodossia neoclassica con il suo induzionismo statistico associato al platonismo dei modelli deve fare o conti con il falsificazionismo popperiano, che Taleb,  a mio avviso correttamente, utilizza per demolire ogni certezza scientificamente infondata. Le scialuppe che arrivano da Taleb non salveranno tutti: qualcosa sopravviverà, molto andrà a fondo. E' solo questione di tempo.

lunedì 18 luglio 2011

Quando il mercato vive per sè stesso: la giustificazione morale della Tobin Tax


Ho scoperto l'HFT qualche giorno fa. Non è una malattia, almeno non negli esseri umani. E' l'acronimo inglese di High Frequency Trading. Wikipedia ne dà una buona definizione qui . Cito dall'aricolo di Nova (inserto del Sole 24 Ore) del 19 maggio, p.11 che me l'ha fatto conoscere: 
Nel primo decennio del XXI secolo i mercati finanziari hanno infatti abbracciato piattaforme tecnologiche che consentono agli scambi di avvenire migliaia di volte al secondo. Per poter sfruttare sofisticate strategie di trading ad alta frequenza (Hft, acronimo di high frequency trading) è necessaria la collocazione fisica di computer in prossimità dei mercati e impiegare algoritmi ad altissime prestazioni per identificare piccole anomalie nei prezzi ed eliminarle il più rapidamente possibile. Il profitto ottenuto da ogni singola transazione è di solito assai magro, ma l'enorme numero di compravendite rende il business molto profittevole. E' raro che una posizione sia mantenuta per tempi superiori ai pochi minuti: secondo alcuni analisi negli USA un'azione viene rivenduta in un tempo medio di 22 secondi. Anche se l'HFT è usato solo dal 2% delle società mobiliari USA, queste sono tuttavia responsabili di oltre il 70% del volume azionario negli USA e del 40% in Europa.
Le domande che si potrebbero porre sono tantissime: che senso che che una azione sia detenuta per 22 secondi? Per partecipare alle assemblee? Per le prospettive di crescita societarie? Per guadagnare nell'immediato qualche centesimo? A mio avviso questo fa capire la portata del problema. La speculazione c'è sempre stata, ma mentre fino a qualche tempo fa era combattuta, diciamo, con armi convenzionali, adesso gli strumenti in campo sono armi di distruzione di massa. Prima c'erano delle battaglie dove ci si poteva fare male, molto male, (1929, 1987, 2000, etc. etc.), ora si rischia lo sterminio di massa. Non c'è più alcun confronto strategico, non si combatte un gioco ad armi pari e chi vince è il più intelligente, il più scaltro. Si mandano in campo eserciti di computer, armati di algoritmi sempre più veloci, sempre più sofisticati, il cui fine è quello di anticipare le mosse dell'algoritmo che sta dall'altra parte, o del pirla umano che crede ancora di poterci guadagnare perché ha naso, perché conosce il mercato. Ecco un'altra chicca: il quote stuffing:  con questa tecnica il mercato viene inondato di una quantità enorme di ordini limite che vengono cancellati immediatamente. Lo scopo è di spingere gli investitori reali ad acquistare a prezzi più alti. Quando il titolo ha raggiunto il prezzo prefissato dall'algoritmo scatta la vendita dei titoli lasciando nella mani dei poco accorti investitori reali dei titoli artificiosamenti gonfiati. 
L'Hft e il trading algoritmico in genere è di evidente supporto alla pura speculazione. Non ritengo la speculazione in sé e per sé qualcosa di immorale. Si compra, si vende, e si guadagna o si perde. Il mercato è il luogo del confronto fra opinioni diverse. Ci stanno dentro opinioni, valutazioni, emozioni. Ci sta dell'umanità. La speculazione è un'attività altamente umana ed è l'olio dei mercati. Di tutti i mercati.
Ma quando gli operatori sono dei meccanismi predeterminati, degli algoritmi, che per funzionare devono girare su server vicini fisicamente ai computer dove avvengono le transazioni. Ecco a questo punto qualcosa s'è perso. Il mercato non è più mercato, perché non ci sono più operatori che alla pari, con le transazioni si scambiano opinioni ed emozioni. Il mercato è diventato un casinò. dove c'è un banco che sistematicamente vince e degli ignari clienti che manco sanno di essere al casinò, e giocano sperando di vincere. E gli algoritmi sono come quelli delle slot machine. Ti fanno vincere quel tanto che ti torna voglia di giocare, per poi fregarti sistematicamente.
Beh, sinceramente, è più onesto un casinò, almeno lì non ti fanno credere che tu stai investendo. Se la Tobin Tax riuscisse a fermare l'HFT ed affini, e permettere una sana speculazione tra umani forse la sua giustificazione morale se la sarebbe guadagnata

domenica 5 giugno 2011

Perché al referendum bisogna votare contro l'installazione di centrali nucleari

E' abbastanza semplice: tutte le valutazioni dei favorevoli sono basate sul fatto che le probabilità di un incidente sono abbastanza basse per cui si può correre il rischio. In realtà, nonostante le probabilità calcolate siano basse, ci sono almeno due stringenti motivi logici per cui bisogna evitare l'installazione:
  1. Gli effetti di un eventuale incidente sono talmente disastrosi per cui anche se la probabilità fosse veramente bassa il gioco non varrebbe la candela: Fukushima è lì a dimostrarlo;
  2. La probabilità calcolata è sicuramente sbagliata. Come sostiene Taleb, infatti, nella nota 20 che trovate qui, più remoto è un evento e meno sappiamo intorno alla sua probabilità. Non possiamo valutare alcuni rischi per cui è meglio non prenderseli. 
In questi casi vale la massima di Kevin Mitnick  a proposito di sicurezza informatica: l'unico computer sicuro è un computer spento. L'unica centrale nucleare sicura è una centrale spenta. Ma costruirla per tenerla spenta non è razionale.

mercoledì 18 maggio 2011

Ancora sul terremoto in Giappone

Sulle previsioni statistiche intorno al terremoto Taleb ha detto la sua qui. Traduco qualcosa:
E' tempo di capire un po' di fatti sulle piccole probabilità [stupidità criminale della statistica]
La commissione nucleare giapponese ha stabilito questi obiettivi nel 2003: "il valore medio del rischio di mortalità conseguente all'esposizione alle radiazioni risultanti da un incidente in un impianto nucleare di cittadini qualunque che vivono vicino all'impianto nucleare non deve superare la probabilità di circa uno su un milione per anno (ovvero può verificarsi una volta ogni milione di anni)."
Tale politica è stata fissata solo 8 anni fa. Il loro unico incidente in un milione di anni è avvenuto solo 8 anni dopo. [...]
La scienza non può occuparsi di loro. E 'irresponsabile parlare di probabilità  piccole e far affidamento su di loro, fatta eccezione per i sistemi naturali che sono stati in piedi per 3 miliardi di anni (non quelli artificiali per i quali le probabilità sono stimate teoricamente, come il settore nucleare per il quale il track record effettivo è di solo 60 anni).
Certo, che si verifichi un terremoto con tsunami di quella dimensione non è cosa frequente. Ma stimare una probabilità così bassa di un evento disastroso a fronte della mappa che abbiamo qui sotto.... beh... qualcosa non torna. Forse, ancora una volta ci si è affidati a numeri che piacevano ma non a stime reali, anche perché difficilmente effettuabili.

sabato 19 marzo 2011

Disastro Giappone: improbabile non vuol dire impossibile.

Qual è la probabilità di un terremoto come quello che ha devastato il Giappone la scorsa settimana? Difficile da dire in termini esatti. Facile capire, invece, che un rischio elevato di terremoto c'è, tanti e tali sono i terremoti in Giappone, anche molto forti, che non è possibile sottovalutare la possibilità che ne capiti uno forte, fortissimo, devastante, come quello dell'11 marzo.
Mappa del rischio sismico mondiale (fonte: http://www.seismo.ethz.ch/static/gshap/)


Forse improbabile, ma non impossibile: evento raro, ma con conseguenze devastantissime. Insomma un Cigno Nero, come l'eruzione spettacolare dell'impronunciabile vulcano islandese che lo scorso anno gettò nel caos la circolazione aerea europea per quasi due settimane.
Certo era, dopo la scossa di terremoto, lo tsunami che dopo alcuni minuti ha investito la costa, così come certi erano, data la dimensione dello tsunami i danni che si sarebbero avuti alla centrale nucleare di Fukushima. Così certi, che nessuno li aveva mai previsti, né calcolati.
Del resto, quando non si mette in conto un evento, non si mettono in conto anche le conseguenze; un terremoto di 9.0 gradi della scala Richter, era improbabilissimo. Perché perdere tempo a calcolare le eventualissime conseguenze? Uno tsunami? Sicuramente ci sarebbe, se ci fosse un terremoto di una magnitudo così grande. Ma.... meglio non pensarci, è impossibile, almeno improbabile. Proprio qui sta la causa del disastro: confondere l'improbabile con l'impossibile. La confusione si fa soprattutto laddove la probabiltà è difficilmente stimabile: la difficoltà nello stimare una probabilità intuitivamente molto bassa fa desistere dal proseguire le ricerche e gli studi e viene più facile approssimare nasometricamente a zero tale probabilità. Una volta fatto questo passaggio l'improbabile diventa impossibile. Almeno sulla carta.  

giovedì 24 febbraio 2011

Nord Africa: un altro Cigno Nero?

Era prevedibile la rivoluzione che da settimane infiamma il nord Africa e parte del mondo arabo? Le fiamme divampate in Tunisia, estesesi all'Algeria, all'Egitto, allo Yemen e in maniera più tragica di tutte alla Libia erano prevedibili? Si potevano prevedere le reazioni della popolazione tunisina al gesto disperato di un ambulante che non ce la fa più e si dà fuoco con la benzina? Le notizie dicono che era il secondo, un altro aveva fatto lo stesso a nello scorso dicembre. Era prevedibile che la pira umana potesse incendiare mezzo continente?
Sì, come i terremoti era prevedibile: solo il tempo in cui questo sarebbe avvenuto era incerto. Ma la cosa era terribilmente prevedibile. Solo un miope conservatorismo e la volontà di non cedere mai, neanche di fronte all'evidenza, ha spinto i governi a sparare contro i manifestanti, in Libia anche con gli aerei. Solo questa miopia conservatrice poteva far pensare che si può governare in eterno senza cambiamenti, che il mondo là fuori, quello del popolo, quello della gente comune può cambiare ma che l'arte del governo può andare avanti per quarant'anni indefessa nello stesso modo. Ma quello che è successo in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968 non è forse la stessa cosa? Cosa cercavano i rivoltosi in quelle occasioni? Pane? Libertà? Forse una cosa non esclude l'altra.
Quello che colpisce è, in questi giorni, la totale assenza di strategie di risposta da parte delle democrazie occidentali (Europa e USA. Vuol dire che non ci hanno pensato? Probabilmente l'interesse economico in quelle zone era talmente elevato che non si riusciva a pensare ad una situazione come quella attuale. Arroganza epistemica? Eventi estremi? Sì, ma vista l'importanza dell'area, andavano contemplati. Come spesso accade il cigno è bianco o nero. Dipende dagli occhi che guardano.